Sia dal punto di vista tecnico che da quello emotivo, è importante ripercorrere la variegata storia che ha caratterizzato lo sviluppo e il miglioramento delle tanto amate colonne sonore dei videogiochi, essendo la componente che più ha accompagnato l'esperienza dei giocatori. Partendo dagli 8 bit, passando per i 16 e i 64, per poi approdare ai file audio digitali, le musiche videoludiche, da semplici suoni di sottofondo a volte un po' striduli e ripetitivi, sono oggi comparabili ai grandi arrangiamenti cinematografici dei film hollywoodiani.
Commodore 64
La fine degli anni ’70 e gli esordi
I videogiochi comparvero alla fine degli anni ’70 e la complessità delle prime musiche rispecchiava quella delle console su cui erano inserite. I primi suoni erano monofonici, generati da chip-sintetizzatori e avevamo uno stile elettronico emesso in 8 bit e trasmesso in loop. Tra questi sintetizzatori, il più famoso è il “Chiptune”, installato sul Commodore C64, una versione arcaica dei nostri odierni computer. Il primo videogioco a presentare una colonna sonora con sottofondo continuo fu quella di Space Invaders della Taito Corporation (1978), realizzata da Tomohiro Nishikado. Qui il suono di questi chip.
Gli anni '80: aumenta la complessità
Successivamente, arrivarono le schede audio per PC, che generavano i suoni prima tramite sintesi FM e poi con campionamenti PCM: le colonne sonore erano, di fatto, una collezione di file MIDI e la resa dipendeva molto dall’hardware utilizzato.
Qualche tempo dopo, i processori vennero resi molto più potenti e fu possibile implementare anche file audio, la cui resa non dipendeva dall'hardware della console.
La commercializzazione
Lungo la seconda metà degli anni '80, la commercializzazione di videogiochi dotati di software sempre più potenti permise un considerevole miglioramento della qualità sonora delle loro musiche. Compositori rappresentativi che le realizzarono in questi anni furono Nobuo Uematsu, che realizzò le musiche per Final Fantasy; Kōji Kondō che realizzò le musiche per Super Mario Bros e The Legend of Zelda; Kōichi Sugiyama che realizzò le musiche per Dragon Quest, e tanti altri.
A partire dalla fine dello stesso decennio, la musica dei videogiochi iniziò ad essere venduta su larga scala in Giappone, fenomeno che spinse anche le compagnie videoludiche statunitensi a dare maggiore importanza alla qualità artistica della musica.
La rivoluzione dei file digitali: gli anni '90
A partire dagli anni '90, la musica per videogiochi iniziò a presentare sonorità realizzate con strumenti musicali veri e propri, grazie allo sviluppo di computer più rapidi e potenti. Una delle prime console di questo tipo fu la Sega Mega CD commercializzata in Giappone.
Col passaggio ai file audio digitali, i sound designers dei videogiochi erano comparabili ai compositori cinematografici. Oggi, i temi musicali scandiscono il progredire della storia, le diverse fasi dell'avventura e caratterizzano personaggi e azioni. Il videogame è definito dalla musica.
Il rapporto con la musica pop
Sin dalla loro comparsa, i suoni e le musiche videoludiche (soprattutto dei giochi arcade) hanno ispirato anche veri e propri musicisti, che li inserivano all'interno di brani o album di genere pop, hip hop ed electro. Ad esempio, nel 1982 Buckner & Garcia hanno prodotto un album dedicato alla musica dei videogiochi, dal titolo Pac-Man Fever, mentre nel 1984 Haruomi Hosono degli Yellow Magic Orchestra ha pubblicato Video Game Music, uno dei primi dischi di musica chiptune, basato interamente sui campionamenti tratti dai videogiochi.
Oggi: i concerti nei e sui videogame
Negli ultimi anni, sono nate vere e proprie collaborazioni tra artisti e compositori musicali dei videogiochi. I cantanti o le band compongono brani per crearne il sottofondo oppure per promozione commerciale. Uno dei livelli più avanzati è stato raggiunto da Fortnite durante e a causa della pandemia, che ha organizzato concerti virtuali con gli avatar dei cantanti, come nel caso di "Astronomical", uno degli eventi in streaming più seguito di sempre, con protagonista Travis Scott, che poi è stato seguito anche da artisti quali Ariana Grande e Steve Aoki.